Stefano Vicari al Fizz Show

Stefano Vicari

In Italia il 20% dei giovani tra i 15 e i 34 anni consuma frequentemente alcolici, il 16% fuma fino al compimento dei 24 anni e il 19% ha consumato cannabis nell’arco di un anno. Inoltre è del 49% la percentuale dei giovani tra i 14 e i 19 anni che hanno giocato d’azzardo almeno una volta all’anno. Sono alcune statistiche sulle dipendenze giovanili presentate nel nuovo numero di ‘A Scuola di Salute’ (fonti: Osservatorio Europeo sulle droghe, Doxa, Istat, Nomisma e Unipol), a cura delI’Istituto Bambino Gesù per la Salute del Bambino e dell’Adolescente. Il magazine, diretto dal prof. Alberto G. Ugazio, riporta una serie di informazioni sui danni dalle dipendenze e pubblica alcuni consigli degli esperti su come fronteggiare i rischi a cui si può andare incontro. Approfondiamo l’argomento al Fizz Show con il dott. Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria infantile, all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

Alcol. L’alcol assume il ruolo di facilitatore poiché i suoi effetti, in apparenza, possono aiutare il ragazzo a superare ansie e paure. Allo stesso tempo, però, un’assunzione reiterata nel tempo può originare segni evidenti di malessere psico-fisico e comportamenti pericolosi. Negli ultimi tempi si è diffuso il ‘binge drinking’, il consumo di 6 o più bevande alcoliche in un’unica occasione.  

Indagini recenti hanno mostrato che l’uso di alcol è frequente già tra gli 11 e i 15 anni di età, nonostante in ambito medico se ne raccomandi il divieto almeno fino ai 16 anni. «Solo a partire da questa età, infatti, l’organismo sarà in grado di metabolizzarlo in modo corretto. Genitori e insegnanti dovranno mettere al corrente i ragazzi sui rischi legati all’uso dell’alcol. Nei casi più gravi ci si dovrà rivolgere a uno specialista».

Perché il fumo in adolescenza. Si tratta di un passaggio critico nella vita dei ragazzi. Viene abbandonato il ruolo di bambino in famiglia e si costruisce una nuova identità, come adulto, nella società. All’interno di questi cambiamenti il fumo potrebbe assumere un ruolo di facilitatore nell’inserimento del gruppo dei pari, una specie di rito di iniziazione. «E’ opportuno distinguere tra uso saltuario e dipendenza, caratterizzata da un forte desiderio di fumare e che distrae il ragazzo dai propri impegni quotidiani». Le sigarette confezionate, a mano o elettroniche, sono comunque tutte nocive. «E’ importante non giudicare o rimproverare il ragazzo – si legge sul magazine digitale ‘A Scuola di Salute’ – ma ascoltare e capire se si tratta di un gesto per emulare i compagni oppure una richiesta di aiuto o di automedicamento per alleviare un disagio». In seguito «sarà opportuno cercare insieme strategie alternative che permettano di sperimentare una sensazione di benessere, avvalendosi di specialisti». Infine «per essere ascoltati è necessario dare il buon esempio».

La cannabis. Secondo i dati del 2017 dell’Osservatorio europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze, la cannabis è la sostanza stupefacente più consumata al mondo. In Europa ne fanno uso quasi 90 milioni di persone: di queste, 17 milioni di età compresa tra i 15 e i 34 anni dichiarano di averla consumata almeno una volta nell’ultimo anno. Secondo una ricerca del 2014, pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet Psychyatry, il 17% dei consumatori adolescenti in seguito diventa dipendente. Si arriva al 50% quando viene consumata ogni giorno.

In genere la sostanza viene assunta attraverso il fumo con il coinvolgimento immediato del sistema cardio-respiratorio. Il più importante principio attivo della cannabis, il Delta 9 Tetraidrocannabinolo (THC), agisce su diverse zone del cervello e causa, tra gli altri, effetti negativi su memoria e apprendimento, nonché sui sistemi di regolazione dei movimenti.

«Genitori e insegnanti – spiegano i medici del Bambino Gesù – debbono essere consapevoli che l’abuso di cannabis è tra i principali fattori di rischio di malattia psichiatrica e devono sapere riconoscere alcuni segnali indicatori. Tra questi troviamo modificazioni del comportamento e iperemia congiuntivale (il classico arrossamento oculare). Sono inoltre chiamati a mettersi al fianco degli adolescenti e a mettere da parte toni giudicanti e atteggiamenti repressivi. E’ bene suggerire loro modalità più sane per rilassarsi e far passare il messaggio che per essere accettati dagli altri non sempre bisogna essere euforici o disinibiti».

Giochi online. Si tratta di dipendenze senza sostanze e rientrano in quella più ampia da internet. «In generale – dichiarano i medici dell’Ospedale Pediatrico della Santa Sede – sono tre i sintomi fondamentali su cui si basa ogni forma di dipendenza, compresa anche quella da gioco: il craving, il desiderio improvviso di assumere una sostanza, l’astinenza (irrequietezza con sintomi fisici e psicologici se non si riesce a giocare) e la tolleranza, intesa come un aumento progressivo del tempo di gioco con disinteresse verso gli hobby precedenti». La perdita del senso di realtà, lo sviluppo di sintomi dissociativi e il ritiro sociale sono le prime conseguenze pericolose causate dall’assorbimento nei mondi virtuali, ma spesso è anche associata l’obesità. «Per fronteggiare la dipendenza è fondamentale non sottovalutarne l’entità e avviare interventi terapeutici specifici in strutture che forniscano servizi psicologici a sostegno del giocatore e del suo nucleo familiare».

Giochi d’azzardo. I dati su questa dipendenza sono allarmanti. Secondo l’Osservatorio Nazionale sulla Salute dell’Infanzia e dell’Adolescenza, in Italia il 20% dei ragazzi tra i 10 e i 17 anni frequenta agenzie di scommesse e il 25% dei più piccoli (di età compresa tra i 7 e i 9 anni) usa la propria ‘paghetta’ per lotterie e ‘gratta e vinci’. Il gioco diventa pericolo quando si perde la capacità di stabilire e rispettare un determinato limite di tempo e denaro da impiegare. «Tra i segnali indicatori da osservare troviamo l’interesse continuo per il gioco d’azzardo, disinteresse verso attività scolastiche e ricreative, frequenti assenze ingiustificate, disturbi del sonno e furti in casa. Anche in questo caso – concludono i medici del Bambino Gesù – l’attenzione da parte della famiglia è fondamentale».

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