Da anni in Italia si osserva l’acuirsi della denatalità e alcuni indici ce lo mostrano in modo molto evidente. L’età media delle donne italiane al parto è cresciuta fino a superare i 30 anni e secondo l’ultimo rapporto sullo stato demografico del nostro Paese nel 2020 ha toccato i 31.4 anni. Non solo si fa tardi il primo figlio, ma lo si lascia spesso unico, a volte per scelta o necessità (economica, di lavoro etc.), altre volte per difficoltà o impossibilità di concepimento: rispetto al tasso di fecondità (il numero medio di figli per donna in età fertile) l’Italia, nell’anno della pandemia, in cui gli effetti della crisi non si sono ancora fatti sentire del tutto, ha raggiunto a malapena il livello di 1,24, contro la media europea di 1,58.
Quando la motivazione della mancanza di figli è legata alla fertilità, la fecondazione assistita può essere d’aiuto: in molti casi, le tecniche della cosiddetta procreazione medicalmente assistita infatti, offrono alle coppie rimedi efficaci agli ostacoli al concepimento permettendo loro di realizzare il sogno di diventare genitori.
Accanto alla fecondazione cosiddetta autologa (o omologa) sicuramente più conosciuta, sempre più spesso si sente parlare anche di fecondazione eterologa. Ma di cosa si tratta? E in quali casi può rappresentare una soluzione? Al Fizz Show risponde il dottor Andrea Borini, responsabile del Centro di Procreazione Medicalmente Assistita del Policlinico San Pietro dove da poco è possibile accedere a percorsi e trattamenti di fecondazione assistita eterologa.